Nome in codice: K

15.05.2023

" … Quante volte abbiamo sentito parlare in TV, o letto su riviste ed articoli della Vitamina B12, soprattutto in relazione alla dieta vegana e vegetariana; della vitamina D e dell'importanza dell'esposizione al sole o della vitamina E e della sua azione antiossidante. Della vitamina K si sente mediaticamente parlare poco. Non è al momento all'attenzione delle cronache, dei dibattiti nei salotti televisivi, eppure si tratta di una vitamina estremamente importante per la nostra salute e di facile da assunzione con la dieta. Questo articolo racconterà vita, morte e miracoli per renderà giustizia a questa vitamina, la cui scoperta e caratterizzazione fruttò il Nobel a Dam e Doisy nel 1943…"

Iniziamo con un po' di storia, senza annoiarvi troppo. La molecola che va sotto il nome di vitamina K è stata scoperta e caratterizzata intorno agli anni 30' del secolo scorso, durante le ricerche su una particolare sindrome emorragica. Dam e Schonheyder osservarono che questa sindrome era associata all'assenza di attività prototrombinica nel plasma e sembrava dipendere da un ignoto fattore, essenziale per la coagulazione. Il termini "fattore K", che gli fu attribuito, deriva proprio dal termine tedesco Koagulation. Successivamente, Doisy riuscì ad isolare questo famoso fattore e si scoprì che non si trattava di una sola molecola ma di una serie di composti con caratteristiche strutturali e fisiologiche comuni, presenti in concentrazioni rilevanti sia negli ortaggi a foglia verde che nel fegato degli animali. Per queste ricerche sia Dam che Doisy vinsero nel 1943 il premio Nobel per la fisiologia e la medicina. Tuttavia, solo dopo la scoperta di un' altra molecola fondamentale,il γ-carbossiglutammato, si riuscì ad identificare l'importante ruolo del fattore K, non solo nel processo di coagulazione del sangue ma anche nei processi di mineralizzazione dell'osso.

Tutte le molecole identificate come vitamina K hanno in comune un nucleo di 2-metil-1,4-naftochinone, a cui può attaccarsi una catena laterale in posizione 3, diversificandole. Le forme di vitamina K isolate e maggiormente note sono Il Fillochinone ( Vit.K1), presente nei tessuti di origine vegetale; i Menachinoni (Vit.K2 o MKn), un gruppo di molecole con una catena laterale composta da isoprenoidi in un numero variabile da 2 a 19 unità, presenti in tessuti ed alimenti di origine animale; il Menadione (Vit. K3 o MK0) un intermedio metabolico sintetizzato in laboratorio, impiegato nelle formulazioni farmaceutiche e nutraceutiche o addizionato ai mangimi. Si tratta di una molecola non presente in natura, in cui la catena laterale è assente, che una volta assunta dal nostro organismo è convertita nel Menachinone MK4. Le differenze strutturali presenti in queste molecole correlano con le differenze fisiologiche che si osservano tra loro. La prima differenza riguarda la sintesi: il Fillochinone è sintetizzato da organismi fotosintetici come piante, alghe e cianobatteri; i Menachinoni sono invece sintetizzati da batteri, di solito anaerobi obbligati, presenti sia nella flora del microbioma intestinale, che in matrici alimentari soggette a fermentazione. Ogni ceppo batterico ne produce una diversa tipologia: il mena chinone MK7, per esempio, è presente nel Natto, in quanto viene prodotto dal metabolismo fermentativo di Bacillus subtilis var sui fagioli di soia, ma anche nel colon umano in quanto è prodotto da Veillonella; MK8 è, invece, rilevato nei prodotti lattiero-caseari, risultato dai processi metabolici del genere Lactococcus e dei batteri propionici. Tuttavia, lo si riscontra anche nell'intestino umano, dove è prodotto, invece, da Enterobacter ed Escherichia coli. Il Menachinone MK4 può essere prodotto sia dal microbioma che dalle cellule della stessa mucosa intestinale ospite, a seguito di una reazione catalizzata dall'enzima TERE1, una prenil-trasferasi esposta sulla membrana apicale degli enterociti. Altre differenze, dovute alla varietà delle catene laterali, riguardano le cinetiche di assorbimento, l'emivita e le concentrazioni plasmatiche e seriche.

Tutte queste molecole hanno lo stesso destino metabolico: Fillochinone e Menachinoni, introdotti mediante la dieta, sono assorbiti a livello del duodeno e del digiuno, mentre i Menachinoni sintetizzati dai batteri intestinali sono assorbiti a livello dell'ileo. Trattandosi di molecole lipofile, necessitano dei sali biliari per attraversare i villi. Una volta negli enterociti, sono immessi nella circolazione portale sui chilomicroni e convogliati al fegato. Qui vengono impiegati nel metabolismo cellulare o catabolizzati, trasformati in glucoronati ed espulsi tramite le feci o le urine. Una parte di Fillochinone viene convogliata ai tessuti extraepatici come il tessuto osseo; questo tipo di trasporto avviene nel circolo sanguigno tramite le proteine VLDL, per la maggiore, ed in piccola parte con le LDL.

Le cellule animali utilizzano la vitamina K come coenzima in una reazione biologica importantissima per alcune proteine di secrezione: la γ-carbossilazione dei residui di glutammato. In breve, dopo la traduzione ed il ripiegamento, le proteine possono subire ulteriori modificazioni strutturali, come l'aggiunta o la rimozione di gruppi chimici, che ne influenzano la modalità di funzionamento o la localizzazione. Grazie a queste modifiche, si decide dove la proteina funzionerà, quando e come si attiverà e con quali molecole potrà interagire. La γ-carbossilazione è una di queste modificazioni: essa avviene a livello del reticolo endoplasmico rugoso e consiste nel trasferimento di un gruppo carbossilico, in posizione γ, sui residui di acido glutammico. Questa reazione è catalizzata da due enzimi che operano in modo ciclico: la vitamina K epossido reduttasi (VKORC1) riduce la vitamina K a idrochinone e successivamente la carbossilasi catalizza il trasferimento del gruppo carbossilico dall'idrochinone, che si trasforma in un epossido, all'acido glutammico sulla proteina, trasformandolo in γ- carbossi glutammato. L'epossido, in seguito, può essere di nuovo riconvertito a idrochinone dall'enzima VKORC1, ricominciando il ciclo.

Diverse proteine con residui di γ-carbossi glutammato sono sintetizzate dagli epatociti del fegato, dagli osteoblasti e dalle cellule che producono la matrice dei tessuti connettivi; si localizzano inoltre a livello del rene, nel tessuto nervoso ed in prossimità delle lamine degli elementi vascolari.

La reazione di γ-carbossilazione del glutammato aumenta l'affinità di queste proteine per il calcio, determinandone la funzione e l'attività. Attualmente, sono note almeno 19 proteine che subiscono questa modificazione: 4 sono collegate alla reazione a cascata della coagulazione ( proto trombina, fattore VII, il fattore IX, il fattore X), sono secrete dal fegato ed il legame con il calcio è necessario per potersi agganciare alle membrane cellulari dell'endotelio. Tre proteine svolgono invece il ruolo di anticoagulanti ( la proteina C, S e Z). Un'altra coppia di proteine, con questa modifica, è costituito dalla "proteina GLA della matrice (MGP)" e dall'osteocalcina. Esse sono espresse nella dentina, nella cartilagine e nel tessuto osseo e sono coinvolte nella deposizione dei cristalli di ossalato di calcio e nella mineralizzazione della matrice. La proteina MGP è, inoltre, secreta dalle cellule muscolari lisce nella tonaca media degli elementi vascolari e sembra avere un ruolo nel processo patologico di calcificazione delle arterie. Esiste un cospicuo numero di evidenze scientifiche che provano una correlazione tra livelli di osteocalcina carbossilata ed il livello di densità minerale dell'osso: un incremento di osteocalcina decarbossilata nel plasma o nel siero si associa spesso ad una riduzione della densità minerale ossea e ad un incremento del rischio fratture. A livello del rene è prodotta un'altra proteina molto simile all'osteocalcina, la nefrocalcina: anche questa proteina necessita della carbossilazione per aumentare la sua affinità per il calcio. In questo modo modula il riassorbimento dello ione a livello renale e la sua solubilizzazione nelle urine. Altre proteine che richiedono la γ-carbossilazione si trovano nel tessuto nervoso del sistema nervoso centrale, le proteine GAS6, e nello spazio intramembrana dei mitocondri, diverse tra queste sono coinvolte nei sistemi di comunicazione e segnalazione cellulare o nella sintesi degli sfingolipidi delle cellule cerebrali.

Vista la quantità e la varietà di proteine bersaglio dell'azione di γ-carbossilazione mediata dalla vitamina K, come si può non considerare questa molecola di importanza fondamentale per la fisiologia del nostro organismo? Quali possono essere i danni dovuti ad un assunzione non adeguata o a una carenza cronica di questa vitamina, nel tempo, oppure a difetti sugli enzimi del processo di γ-carbossilazione?

In un adulto sano, in cui non sono presenti patologie croniche o problemi di mal assorbimento, una carenza di questa vitamina è rara. Non solo vi è l'assunzione mediante la dieta, con alimenti di origine sia animale che vegetale, ma vi è anche la sintesi endogena ad opera della flora microbica intestinale. Inoltre, parte della vita K impiegata nella reazione di γ-carbossilazione è riciclata ad opera della reduttasi, che la ritrasforma in idrochinone e la reimpiega nella reazione di carbossilazione. Alcune interferenze ambientali possono ribaltare la situazione: ad esempio l'uso di farmaci anticoagulanti, come Coumadin o Warfarin, che interferisce con la reazione di carbossilazione perché inibisce le epossido e chinone reduttasi, impedendo, quindi, la sintesi delle proteine GLA, come i fattori di coagulazione. Gli effetti possono essere molto gravi come sindromi emorragiche, finanche la morte. Anche l'uso prolungato di antibiotici come la Rifampicina, può contribuire ad un deficit di vitamina K, in quanto impoverisce, nel tempo, la biodiversità del microbiota intestinale e causa la perdita dei ceppi che sintetizzano i Menachinoni. Un effetto, che può presentarsi nel tempo, è il deficit delle proteine secrete dagli osteoblasti e dai condrociti nelle loro forme carbossilate, con una progressiva riduzione ed infragilimento della massa ossea. Un deficit prolungato di vitamina K può essere associato a disregolazione della proteina MGP ed essere associato a calcificazione aterosclerotica e all'insorgenza di malattie cardiovascolari. Non esistono, invece, sufficienti evidenze e dati scientifici che comprovino una relazione tra deficit di vitamina K e danni neuro cognitivi o alcune forme di cancro. Anche la relazione tra alterazioni nel metabolismo della vitamina K, disregolazione della nefrocalcina e di patologie renali croniche è al momento sotto l'attenzione dei ricercatori. Esistono, invece, diversi lavori scientifici e studi osservazionali che supportano la relazione tra deficit di vitamina K e osteoporosi. In persone di età superiore ai 70 anni è stato dimostrato che un inadeguato apporto di vitamina k è correlato ad un aumento della concentrazione di proteine come l'osteocalcina, allo stato decarbossilato ed un aumento del rischio fratture. Di converso, la somministrazione a lungo termine di vitamina K si è dimostrata correlata ad una riduzione dei livelli di proteine decarbossilate ed un aumento della quantità minerale dell'osso, con una minor incidenza di fratture a livello dell'anca.

Mentre negli adulti la carenza di vitamina K è rara, in alcune fasce di popolazione può costituire un problema reale e non occasionale: i neonati nelle prime 6 settimane di vita e gli anziani. In queste due fasce di età la composizione del microbiota intestinale è molto diversa rispetto all' età adulta. Nel neonato il microbiota è immaturo, in evoluzione ed ha una composizione instabile, molto sensibile alle continue sollecitazioni ambientali, cui è sottoposto. Nell'anziano l'esposizione a fattori ambientali, cure mediche, farmaci, diete inadeguate, presenza di malattie croniche o cambiamenti ormonali significativi impatta notevolmente sulla composizione del microbiota intestinale, abbassando i livelli di biodiversità. Sia nel neonato che nell'anziano può accadere che i ceppi batterici produttori di Menachinoni siano assenti o molto ridotti, rispetto al resto della popolazione microbica. Inoltre, queste due categorie possono contare poco non solo sulla sintesi endogena ma anche sull'assunzione mediante l'alimentazione. Durante l'allattamento si stima una quantità di vitamina K assunta pari a 9,2 µg/L, ma nelle prime 6 settimane essa è molto bassa, in quanto è difficile assumerla dalla placenta durante la gestazione, inoltre gli enzimi epatici non sono completamente funzionali, questo espone il neonato al rischio di sindromi emorragiche . Negli anziani, invece, si riscontra di frequente l'adozione di regimi alimentari non adeguati o problemi di assorbimento intestinale.

La quantità giornaliera di vitamina K, da assumere per evitare di incorrere in rischi per la salute, è difficile da definire: da un lato gli studi sperimentali sono pochi e condotti su piccoli gruppi di pazienti; il fatto che ci sia anche una produzione endogena, non quantificabile, rende difficile stimare quanto Fillochinone assumere con la dieta; bisogna tener conto degli effetti, sia a breve che a lungo termine, di un'assunzione inadeguata protratta nel tempo; bisogna tener conto di tutti gli effetti correlati alla carenza e non solo dei problemi di coagulazione. Al momento, non è stato ancora fissato un livello di assunzione definitivo, tuttavia la letteratura riporta che un'assunzione giornaliera di Fillochinone superiore a 1 mg/die o di MK7 superiore a 200 µg, garantisce la completa carbossilazione di tutte le proteine GLA epatiche ed extraepatiche; un assunzione giornaliera <10 µg/die, protratta per almeno 3 settimane, espone al rischio di un calo nelle concentrazioni plasmatiche di prototrombina, a livelli insufficienti per mantenere l'omeostasi tissutale; l'assunzione di almeno 1 µg/kg al giorno garantirebbe un livello sufficiente di proptotrombina nel sangue ma sarebbe associato ad una maggior quantità di proteine GLA, come l'osteocalcina, nella forma decarbossilata. La dose risulterebbe, quindi, protettiva nei confronti dei processi emorragici ma non sarebbe sufficiente per prevenire l'osteopenia o altri effetti a lungo termine.

Al momento, lo stato dell'arte e la quantità di conoscenze disponibili in letteratura non consentono di stabilire un fabbisogno di vitamina K, finalizzato alla prevenzione delle patologie del tessuto osseo o cardiovascolari. Diversi documenti ufficiali riportano valori di assunzione diversi e non è ancora possibile definire valori di AR o PRI. Nel 2004 il documento WHO/FAO ha definito un valore AI per la donna adulta pari a 55 µg/die e per l'uomo adulto di 65 µg/die. Per i lattanti da 6-12 mesi, il valore AI è definito in 9,2 µg/die. L'edizione 2016 dei LARN stima i seguenti valori di AI, basandosi sui dati dei consumi medi giornalieri, ottenuti dal rapporto INRAN-SCAN 2005-2006 per la popolazione italiana: per l'adulto il fabbisogno è di 140 µg/die; per l'età geriatrica è di 170 µg/die. Non sono ancora, attualmente, disponibili dei valori AI specifici per donne in gravidanza ed in allattamento, il valore indicato è pari a quello stimato per la donna adulta. Un livello massimo tollerabile di assunzione, invece, non è stato definito, in aderenza con quanto emanato dal documento EFSA 2006, in quanto Fillochinone e Menachinoni non risultano tossici. Al contrario, il Menadione, sintetizzato in laboratorio ed usato nelle formulazioni farmaceutiche, è responsabile di emorragie e tossicità cerebrale.

Questo composto era in passato somministrato ai neonati pretermine e nelle prime 6 settimane di vita, per contrastare la sindrome emorragica fetale dovuta proprio alla bassa concentrazione di vitamina K; grazie ai dati sulla sua tossicità, oggi è sostituito dal Fillochinone. Quest'ultimo viene ottenuto in laboratorio tramite cianobatteri o microalghe coltivati in bioreattori o acquacolture.

La supplementazione o la somministrazione farmacologica possono, comunque, costituire un valido supporto per la replezione del pool di vitamina K, soprattutto dopo settimane di assunzione inadeguata, a cui segue un calo dei livelli di prototrombina. L'alimentazione rimane, comunque, il modo più efficace per assumere questa sostanza, soprattutto nella forma del Fillochinone. Quest'ultimo ha una bassa biodisponibilità ed è estremamente sensibile alla luce, tuttavia la bollitura o la cottura in microonde e l'assunzione con grassi, durante il pasto, possono aumentarne la cinetica di assorbimento. Gli alimenti più ricchi di Fillochinone sono gli ortaggi a foglia verde, in particolare il cavolo e gli spinaci che ne contengono rispettivamente 250-1139 µg su ogni 100 g di prodotto e 240-1220 µg su ogni 100g. Gli oli vegetali sono un'altra ottima fonte di vitamina K, tra questi l'olio di soia ha il maggior contenuto 100 µg su 100 g di prodotto. Diversi formaggi costituiscono, invece, una buona fonte di Menachinoni MK7 e MK8.

In conclusione, fa sorridere il ricordo di un famoso marinaio che, mangiando spinaci, acquisiva una forza sovraumana e batteva tutti gli avversari. Chi lo sa se forse il segreto di quegli spinaci, che lo faceva diventare così forte, consisteva proprio nella vitamina K e non nel ferro come abbiamo sempre creduto.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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  2. E.A. Doisy, S. B. Binkley, S. A. Thayer, R.W. McKee.1940."Vitamin K". Science 91:58-62

  3. P. Mladělnka, A. Carazo, et al. "Vitamin K- sources, physiological role, kinetics, deficiency, detection, therapeutic use and toxicity". Nutrition Reviews 80(4): 677-698

  4. G. Arienti. 2016. "Le basi molecolari della nutrizione". Piccin Editore

  5. WHO/FAO, World Health Organization and Food and Agricolture Organization of the United nations. " Vitamin and mineral requirements in human nutrition Second edition. Geneva: WHO/FAO, 2004.

  6. EFSA, Food Safety Autority. Scientific committee on Food. Scientific Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies. "Tollerable Upper Intake Levels for vitamins and minerals". Parma: European Food Safety Autority,2006.

  7. SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana." LARN. Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione Italiana" IV revisione. 2016

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